La lista civica autonoma Latus Anniae vuole usare la capillarità guadagnata in anni di lavoro continuo sul territorio, fungendo da megafono locale per informazioni provenienti dal macro (sia dall’Italia, sia da fuori l’Italia), con l’obiettivo di fornire alcuni elementi di realtà rispetto a questa pandemia, ed il seguente contributo va inteso in tal senso.
Dunque, questo articolo non pretende di essere scientificamente rigoroso, vuole bensì descrivere in maniera sommaria ciò che lo stato dell’arte su questa pandemia e sulle dinamiche del contagio può scientificamente solo suggerirci tra moltissimi scenari e teorie diverse.
La comunità scientifica è divisa sui possibili scenari futuri riguardo restrizioni e diffusione del virus, ed è normale, i dati sono pochi e trarre conclusioni richiede tempo.
Nell’attesa di provare sulla nostra pelle cosa davvero succederà, possiamo solo sperare che si avveri uno degli scenari più morbidi, che descriverò.
Su due fattori però la comunità scientifica parla all’unisono: la prima è che il cosiddetto “lockdown” del Paese, la chiusura, è necessario per evitare la catastrofe, la seconda è che fino all’arrivo di un vaccino distribuibile in massa non usciremo completamente da questa situazione.
Un bel respiro, nessuna paura, e iniziamo per punti:
– Combattendo duramente il virus ora, nonvedremo centinaia di migliaia di persone morire.
– Combattendo duramente il virus ora, la chiusura del Paese potrebbe essere di settimane, non di mesi.
– Dopo la chiusura, avremo un periodo di mesi in cui i divieti aumenteranno o diminuiranno di peso in base alla trasmissività del virus.
– L’emergenza finirà del tutto solo con l’avvento del vaccino. Fino ad allora, non torneremo alla normalità, e potremmo dover aspettare l’anno venturo.
– La responsabilità personale non sta nel denunciare un runner isolato nel cuore della notte, sta nello sforzarsi di capire la situazione che stiamo affrontando al di là dell’obbedienza cieca ai decreti.
Di fronte ad una pandemia le tre cose che possiamo fare sono: assolutamente nulla, mitigare il contagio, sopprimere il contagio.
La prima opzione consiste essenzialmente nel lasciare che tutta la popolazione si contagi: con una mortalità anche solo dell’1%, vedremmo quasi 600.000 morti in Italia.
Senza contare la moltitudine vastissima di persone morte per motivi diversi dal Coronavirus, a causa dell’impossibilità del Sistema Sanitario di rispondere alle loro esigenze perché annichilito dal Coronavirus stesso.
Soluzione impraticabile.
Mitigare il contagio significa lasciare che il virus faccia il suo corso, cercando di ridurre il picco di infezioni (ossia il momento in cui ci saranno più casi tutti insieme) con restrizioni mediamente severe, con l’obiettivo di renderlo gestibile dal Sistema Sanitario.
A primo impatto, sembra una strategia ragionevole, ma riflettiamoci sopra guardando il seguente grafico.
La curva blu rappresenta una possibile futura richiesta di posti letto per pazienti gravi occupati ogni 100.000 abitanti nel Regno Unito, sotto uno scenario stringente ma pur sempre di mitigazione, la linea rossa invece rappresenta il numero di posti letto attualmente disponibili sempre nel Regno Unito.
Un grafico molto simile descriverebbe anche l’Italia, quindi possiamo discuterlo insieme sapendo che le conclusioni tratte da questo grafico sarebbero valide anche per noi.
Mitigazione vs. Sistema Sanitario del Regno Unito
Fonte: “Impact of non-pharmaceutical interventions (NPIs) to reduce COVID19 mortality and healthcare demand”, Ferguson et al., Imperial College
Se la curva blu si trova sopra la linea rossa, significa che ci sono più posti letto richiesti di quelli disponibili.
Più la distanza tra la curva blu e la linea rossa è ampia, più il Sistema Sanitario è incapace di accogliere pazienti (malati di Coronavirus, come di altro).
Capite bene che la tattica di mitigazione non è in grado di evitare il collasso del Sistema Sanitario del Regno Unito, come non sarebbe in grado di evitarlo nel caso dell’Italia.
Caso strano, dopo la pubblicazione di questo risultato da parte dell’Imperial College di Londra, non abbiamo più sentito dire il Primo Ministro inglese Boris Johnson dire assurdità del tipo “abituatevi all’idea di perdere un vostro caro”.
La realtà è più forte delle convinzioni.
Vorrei aggiungere che la strategia di mitigazione parte con l’ipotesi azzardata che la popolazione, infettandosi, raggiunga la cosiddetta immunità di gregge, quella strana cosa che funziona per morbillo, varicella e simili grazie ai vaccini, per cui “se l’hanno presa tutti, non la prende più nessuno”.
Ovviamente per raggiungere l’immunità di gregge, il virus non deve cambiare, o meglio, mutare.
Beh, questo SARS-CoV-2 sembra lo abbia già fatto, e non solo una volta (cliccate per la fonte sull’ultima frase).
Se poi applichiamo una strategia di mitigazione e forniamo milioni di persone da contagiare al virus, non facciamo altro che dare milioni di possibilità al virus stesso di mutare.
Non ci rimane che la terza via dunque: soppressione del virus.
Lo affronti duramente fin dal principio, e cerchi di controllare la sua trasmissione al meglio che puoi.
Operativamente, questo si fa monitorando il cosiddetto “numero di riproduzione di base”, ovvero quante persone è in grado di infettare una persona che ha il Coronavirus: ovviamente più basso è, più siamo felici.
Al 23/03/2020, il numero di riproduzione di base si attesta attorno a 1.5 (dato preso da covstat.it, dove è presente l’intera evoluzione di questo parametro nel tempo), il valore è in continua decrescita e se continua con questo andamento sarà sufficiente basso (significa minore di 1) in circa 6-7 settimane.
Sempre su covstat.it troviamo un concetto chiave espresso nella forma più limpida e chiara possibile: il numero di riproduzione di base si può abbassare o con un vaccino o diminuendo il numero di contatti umani.
Visto che un vaccino non esiste, tocca chiuderci in casa fino a che il numero di riproduzione non si abbassa a sufficienza.
Ecco spiegato il perché di queste severe misure prese giustamente dal Governo.
Poi potremmo discutere sulle tempistiche, sui dettagli, su quali attività produttive chiudere e quali no, ma non c’è dubbio che la strategia presa dal nostro Governo sia quella corretta.
Mi sarebbe piaciuto che le nostre istituzioni avessero detto con chiarezza e senza paura che queste misure sono parte di una strategia ponderata in attesa del vaccino, misure che quindi sono atte a rubare tempo, l’elemento chiave di tutta questa faccenda.
Sarebbero inizialmente sorti malumori e qualcuno avrebbe gridato all’apocalisse, ma la maggior parte della popolazione avrebbe trovato in questa spiegazione quella responsabilità personale che ora crede di esercitare denunciando coppiette mano nella mano e runner isolati nel cuore della notte.
Responsabilità non è delazione, è consapevolezza.
La strategia di soppressione può essere spiegata con la metafora “il martello e la danza”, seguendo l’ottimo articolo di Tomas Pueyo
Fonte: Tomas Pueyo
Nella prima fase il virus va letteralmente “martellato”, deve essere schiacciato a terra senza che abbia la possibilità di rialzarsi dando fiato al Sistema Sanitario.
La diffusione del virus viene stoppata e assistiamo ad un picco di infezioni seguito da una discesa.
In questa fase il tempo rubato alla diffusione del virus è vitale, si impara dal virus e ci si organizza su come contrastarlo al meglio, si impara come testarlo, come tracciarlo nella popolazione e si potenzia il Sistema Sanitario. È la fase che stiamo vivendo tutti noi e potrebbe durare ragionevolmente dalle 3 alle 7 settimane, fino a che il nostro numero di riproduzione di base, che abbiamo imparato a conoscere sopra, si attesta grossomodo sotto 1.
Questo intervallo di tempo va inteso come indicazione, non come certezza.
La seconda fase è la “danza” dei divieti: quelli più restrittivi vengono in generale eliminati, ma la loro pesantezza dipende dall’oscillazione del valore del numero medio di riproduzione di base.
Quando tale numero aumenta troppo, i divieti si devono fare più pesanti, quando diminuisce è possibile alleggerirli.
Non sono esclusi picchi di infezione, verosimilmente più bassi del grande picco iniziale.
Durante questa fase, molto probabilmente il vaccino non sarà ancora pronto, quindi il fardello della trasmissione del virus sarà completamente sulle nostre spalle.
Misure di distanziamento, più o meno severe, saranno ancora necessarie.
La vita non sarà come prima, in generale, fino alla comparsa del vaccino, e il processo potrebbe perdurare fino al prossimo anno.
Spero sia la volta buona che capiamo che investire sulla ricerca HA effettisulla vita pratica: mi piace pensare che se ci avessimo investito di più in passato, a quest’ora avremmo già il vaccino.
Insomma, il 4 Aprile non ci sveglieremo vivendo nel mondo che conoscevamo fino a Febbraio.
Spero che questo mio contributo aiuti coloro che sono convinti del contrario a immergersi nella realtà che ci aspetta nei prossimi mesi.
Non siamo di fronte alla fine del mondo, siamo chiusi in casa ma connessi ogni secondo e se capiamo l’importanza della fase in cui ci troviamo troveremo anche la forza di superarla.
Io ci credo, anche se sono chiuso in casa mia a Torino, solo come un cane e lontano dai miei più cari affetti e dalla mia ragazza.
Gli unici contatti umani che ho sono con Erika, la gentilissima e sempre sorridente portinaia del mio condominio che saluto quando vado a buttare l’immondizia nella corte interna al palazzo (e non la trovo neanche sempre), e con un cassiere o cassiera a rotazione del supermercato dietro casa una volta a settimana quando esco per fare la spesa.
Io ci credo, credeteci anche voi.