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Oggi desidero rendervi tutti partecipi dei contenuti che ho portato in un mio intervento ieri, durante la seduta del Consiglio Comunale di Latisana, relativi ad un’ordine del giorno proposto dalle altre forze politiche di minoranza presenti nella nostra massima assise locale.
Il tema trattato è senza dubbio trasversalmente condivisibile tant’è che, previa una lieve (ma importante) modifica al testo, l’intero Consiglio Comunale si è espresso favorevolmente a riguardo.
Solidarietà e vicinanza nei confronti delle popolazioni colpite dalla guerra, proseguimento dell’attuazione di azioni concrete in sostegno a chi fugge dalle terre flagellate dai bombardamenti e ferma condanna verso l’invasione ed il conseguente conflitto in Ucraina.
Questi sono i sacrosanti contenuti riportati dai presentatori del testo e non posso che allinearmi a questo pensiero.
Ma senza nulla togliere a quanto esposto finora né ai nobili propositi dei colleghi Consiglieri, mi sono sentito in dovere di intervenire integrando un pensiero forse scomodo, sicuramente fuori dalla portata dei nostri ruoli, ma che non ho potuto trattenere nell’animo.
L’articolo 11 della Costituzione Italiana recita, nella sua prima parte:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali“.
Un concetto che stride enormemente con la mole di armamenti che l’Italia produce e con le continue proposte di aumento della spesa militare.
Uno studio del S.I.P.R.I. (Stockholm International Peace Research Institute) condotto dai 2013 al 2017, colloca il nostro Paese al nono posto al Mondo per quanto riguarda la produzione e l’export delle cosiddette “major weapons”, ovvero gli armamenti atti alle operazioni belliche, come aerei ed elicotteri da combattimento, carri armati e sistemi missilistici.
Algeria, Turchia, Egitto, Tunisia, Israele ed i Paesi della penisola arabica sono i maggiori compratori della nostra industria bellica, la quale risulta equivalente al 2,5% della produzione globale.
Noi comuni cittadini, posto che tutto ciò sia impossibile da fermare con le nostre forze esigue, possiamo almeno provare ad evitare di fomentare la produzione bellica, scegliendo di affidare i nostri risparmi agli istituti di credito i quali non investono nel mercato degli armamenti.
Basta compiere una ricerca in rete per conoscere quali siano le banche che scelgono di non aderire a questa tipologia di mercato.
Nel contempo, ciò che mi sono sentito in dovere di suggerire, è un cambiamento radicale nel linguaggio e nell’approccio politico e sociale rispetto al tema dell’immigrazione e della diversità, la quale dev’essere concepita come un arricchimento ed una fonte di mutuo scambio e curiosità.
Il “diverso” va interpretato come fosse un libro da leggere, da conoscere, dal quale apprendere ciò che ancora non conosciamo.
Basta quindi con i nazionalismi, i concetti di superiorità ed i contenuti divisivi che fin troppi leader politici utilizzano per raccattare i voti più facilmente intercettabili, concessi basandosi soltanto sull’assorbimento di slogan vuoti e sterili.
Noi ormai forse siamo già “inquinati” da retaggi tutt’altro che culturali, stereotipi e luoghi comuni, ma confido nelle generazioni future già a partire da quella dei miei due splendidi figli, i quali una volta cresciuti sono certo sapranno che si deve provare empatia e mostrare solidarietà verso chiunque soffra, e non soltanto nei confronti dei bambini che somigliano ai nostri.
Questo in sostanza il mio pensiero, del quale ho voluto rendere partecipe il Consiglio Comunale ed ognuno di voi, e che ovviamente non verte in alcun modo a sminuire, banalizzare o contestare quanto di buono proposto dai colleghi.
Se siete giunti fino a questa riga, vi chiedo un favore: diffondete parole buone, usate parole buone…la parola crea.