Carissimi followers di latusanniae.com, l’articolo di oggi verterà su un tema il quale mi trova particolarmente sensibile, ovvero la tutela degli animali e in particolare il fenomeno riprovevole, per utilizzare un eufemismo, delle polpette avvelenate.
Spesso la non-coscienza personale raggiunge dei limiti che superano l’umanità che ci contraddistingue, o almeno dovrebbe: vi è mai capitato di vedere un animale agonizzante, con la bava alla bocca e lo sguardo perso, sul ciglio di un giardino o addirittura lungo la strada oppure in un bosco?
Mi scuso per l’immagine poco serena, ma l’argomento la rende necessaria.
Questi sono i sintomi di un avvelenamento che può essere causato dolosamente attraverso la preparazione di mangimi tossici per eliminare l’animale domestico o selvatico, oppure tramite l’ingestione di plastiche o metalli, che purtroppo sono riscontrati anche nel nostro territorio naturale presso le spiagge e dintorni del fiume Tagliamento, su cui abbiamo già speso importanti parole.
Cosa fare in caso di ritrovamento dell’animale avvelenato?
L’iter viene descritto dall’ordinanza del 27 luglio 2019 del Ministero della Salute sulle Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o bocconi avvelenati (GU Serie Generale, n° 201 del 23 agosto 2021), proroga dell’ordinanza del 12 luglio 2019.
Agli articoli 3 e seguenti viene descritta la procedura che coinvolge il veterinario, il Sindaco, il servizio veterinario dell’Azienda Sanitaria Locale e l’istituto zooprofilattico sperimentale territorialmente competente.
Il proprietario o responsabile dell’animale deceduto a causa di esche o bocconi avvelenati o che abbia manifestato sintomi legati all’ avvelenamento, segnala l’episodio al Medico veterinario il quale emette la diagnosi di sospetto avvelenamento in aggiunta al referto anamnestico.
Il cittadino che rinviene l’animale segue le stesse disposizioni, in quanto responsabili per gli animali senza proprietario o selvatici sono il Sindaco o l’ente gestore territorialmente competente.
A seguito della segnalazione, la procedura viene presa in carico dal servizio veterinario e dall’istituto zooprofilattico che procede all’analisi dell’animale e delle esche o bocconi avvelenati, i quali possono essere inviati dallo stesso proprietario.
Infine, in base ai risultati ricevuti dalle analisi, il sindaco apre l’indagine in collaborazione con le autorità competenti al fine di procedere alla bonifica dei territori interessati.
Cosa accade invece al responsabile?
Dal punto di vista normativo la condotta si inquadra nel reato di uccisione e maltrattamento agli animali relativamente disciplinati dal codice penale all’articolo 544- bis, il quale commina una pena da mesi tre a diciotto di reclusione per chiunque “per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale”; e all’articolo 544-ter.
La norma di legge in questione punisce con la reclusione da tre mesi a un anno ovvero con la multa da 3000 a 15000 Euro chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche.
La stessa pena è applicata a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate, oppure li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
In conclusione, le conseguenze relative alla “polpetta avvelenata” sono giustamente severe: i metodi per allontanare un animale indesiderato esistono e sono indolore.
Travalicare il limite del raziocinio è inammissibile, per questo come liberi cittadini, abbiamo tutti il diritto (e il dovere civico e morale) di procedere alla denuncia dei miserabili i quali si rendono responsabili di questi comportamenti disumani.