21 Novembre 2024

Un giorno per ricordare, non per dividere.

Cari lettori, come forse avrete saputo tramite i nostri canali social, anche quest’anno, in occasione del Giorno del Ricordo, abbiamo organizzato una mostra per ricordare i Martiri delle foibe e gli esuli istriani, giuliani e dalmati.

Si tratta della sesta edizione (la seconda alla quale ho avuto l’onore di partecipare attivamente) ed ognuna di esse, come mi è stato ricordato dal nostro “veterano” Cesare Ceretti, si è contraddistinta per la sua peculiarità.

Nel 2022, per la prima volta, il materiale da noi raccolto, gentilmente concesso dal cav. Francesco Tromba e dalla famiglia del comm. Giuseppe Comand, ai quali vanno i nostri più sentiti ringraziamenti, si trova esposto presso le vetrine della nostra sede, sita in Piazza Garibaldi al civico 20, ex-negozio “Match”.

Ovviamente, siete tutti invitati a visitarla.

A fermarvi, anche solo per alcuni minuti, ad osservare le fotografie, le didascalie e i ritagli di giornale e, chissà, forse anche a riflettere su quanto è accaduto, in quel breve lasso di tempo in cui l’Istria è stata attraversata da quegli eventi così drammatici.

Personalmente, ho avuto modo di pensare spesso alla c.d. “questione istriana”, per i motivi che oggi sono qui ad esporvi.

Mi chiamo Lodovico Conte e porto il nome del mio nonno materno, il cui cognome era Cernic (italianizzato, come molti altri, in “Cerni”) ed egli era originario di Pola.

Lo studio e l’approfondimento degli eventi legati all’esodo istriano hanno rappresentato, per me, un modo per conoscere meglio mio nonno, ovvero quell’uomo che non ho mai incontrato e di cui ho ereditato il nome.

Si trattava, come si tratta tutt’ora, della volontà di attribuire a questo nome un volto.

Pertanto, il mio intento è sempre stato quello di ricomporre la vicenda di una persona che, nonostante la tragedia dell’esodo, ha ricostruito la propria vita nel secondo dopoguerra, trovando una nuova casa nelle montagne bellunesi.

Una ricerca personale, mossa soprattutto da una naturale curiosità, con tutte le difficoltà che ne potevano conseguire.

Ahimè, i fatti che hanno interessato la penisola istriana dal 1943 al 1947 sono stati per decenni il terreno di un acceso scontro politico e ideologico.
Non soltanto in relazione all’attribuzione di eventuali responsabilità ma anche in funzione della loro semplice ricostruzione storica.

All’estremo destro dell’arco politico, qualcuno si arrogava il diritto di custodire la memoria di quegli eventi, così finendo per strumentalizzarli, anche ai fini dell’acquisizione del consenso elettorale.

All’estremo sinistro del medesimo arco, qualcuno ribatteva, minimizzando con imbarazzo, talvolta contrapponendo alla tragedia della gente istriana le violenze subite dal popolo slavo durante la guerra ed il ventennio fascista, quasi a voler attribuire alle vittime delle foibe e alla gente comune, costretta ad abbandonare la propria casa, una sorta di colpa omissiva.

Una curiosa forma di narrazione storica, che la riduceva ad una concatenazione di cause ed effetti, così dimenticando come gli autori di quelle atrocità fossero, invece, uomini dotati di autodeterminazione e ben coscienti delle conseguenze delle proprie condotte.

Ma, soprattutto, ci si dimenticava di come la peculiare vicenda della penisola istriana la vedeva, nell’arco di pochi anni, passare dall’essere parte del Regno d’Italia, connotato dalla dittatura fascista, al controllo da parte dei partigiani titini, per poi essere brevemente annessa al Terzo Reich quale “Adriatisches Küstenland” ed infine tornare sotto il dominio jugoslavo.

Pochi anni in cui il popolo istriano – dalmata è stato schiacciato dalla ruota della Storia e dalla veloce alternanza, alla catena di comando, di diverse forme di dittatura, con le conseguenze nefaste che oggi tutti noi conosciamo.

Basti pensare ad un frangente, narrato dal cav. Francesco Tromba nella sua autobiografia: facendo leva sulla fame e sulla miseria che affliggevano le famiglie istriane, private di alcuni loro componenti a causa delle rappresaglie dei partigiani titini, le autorità naziste offrivano loro degli aiuti di natura alimentare ma solo a patto che fossero indicati i nomi dei suddetti partigiani, così innescando un meccanismo di repressione basato sulla mera dilazione.

Non è difficile immaginare le violente conseguenze provocate da tale pratica, nel momento in cui anche i tedeschi si ritiravano dalla penisola, per lasciarla nuovamente al controllo degli uomini del maresciallo Tito.

Pertanto, trovo di cattivo gusto le provocazioni di coloro i quali, ancora oggi, ritengono necessario polemizzare sulle rispettive responsabilità.

Piuttosto, sono felice del fatto che il suddetto scontro ideologico sia stato in parte superato, anche grazie al riconoscimento che le vittime delle foibe e gli esuli istriano – dalmati hanno ricevuto dalla Repubblica Italiana, tramite l’istituzione della ricorrenza del 10 febbraio, ovvero il Giorno del Ricordo.

Ed è con questo spirito che spero anche voi vogliate leggere questo articolo e visitare la nostra mostra, la quale rimarrà disponibile sino a Domenica 20 febbraio.

Che sia per tutti un’occasione per ricordare, non per dividere.

Lodovico Conte

Ruolo: VICE-COORDINATORE DI LATUS ANNIAE
Nato a Latisana il 10 Luglio 1987, dove tuttora risiedo. Dopo aver conseguito la maturità scientifica presso il Liceo "Ettore Leonida Martin" di Latisana, mi sono iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trieste. Ho pertanto conseguito la Laurea Magistrale, discutendo una tesi in Diritto Penale, avente ad oggetto il Traffico di Influenze Illecite. Attualmente sono iscritto al Registro dei Praticanti presso l'Ordine degli Avvocati di Pordenone e sto svolgendo il tirocinio forense presso uno studio di Portogruaro. Nel Gennaio del 2022 vengo nominato membro della Commissione Urbanistica del Comune di Latisana. Ho deciso di intraprendere questo percorso all'interno di Latus Anniae perché credo nell'importanza della partecipazione attiva. Essa ha un valore inestimabile, perché arricchisce la tua persona attraverso gli altri.

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